Mercoledì Netflix tra luce e ombra: lo stile di Tim Burton che rende l’outsider un influencer

In Mercoledì le ombre pop di Tim Burton rendono pop la malinconia e l’outisider un’icona. Tra Bianco, nero, viola e saturazioni negate, la serie Netflix riscrive l’estetica di un mondo, rendendolo irresistibile.

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Highlights

Cover photo: Courtesy Netflix

La serie Netflix Mercoledì, storia della ragazza Addams con le trecce, esplode come una macchia di inchiostro in un’epoca di streaming saturo di colori iperpop. Tim Burton, che ha firmato la regia di alcuni episodi della prima stagione e l’imprinting produttivo, non è mai stato un autore disposto a seguire il flusso o a rincorrere tendenze di marketing. Anzi, da sempre si verifica l’opposto: sono le mode a piegarsi al suo immaginario, i mercati ad affilare i colori e le narrazioni a ricollocarsi sulla scia dei suoi universi eccentrici.

1. Courtesy Netflix

In questi mondi di fiabe nere, le tinte sbiadite e le ombre profonde sono diventate arte proprio quando a dominare altrove erano glitter, Barbie, Pokémon, fenicotteri e champagne. In altre parole, Burton irrompe e rompe tutto, con lo stile per cui è amato da sempre. Nel 2022, l’arrivo della prima stagione di questa serie è stato accolto come un fenomeno globale e un revival culturale, grazie anche all’utilizzo della fotografia e dei colori. In Mercoledì il nero non si riduce alla citazione vintage, ma si racconta come manifesto visivo e politico. È l’anti-mainstream di oggi che diventerà il mainstream di domani, perché gli Addams influenzano i pensieri, le percezioni e i consumi: l’interior design, il make up, gli outfit, il moodboard della vita quotidiana.

Non è un caso che proprio nel 2025, mentre Mercoledì continua a esercitare la sua influenza estetica e culturale, Firenze celebri Tim Burton con la mostraTim Burton: Light and Darkness a cura di Sarah Brown insieme alla Florence Biennale, per cui è stata progettata (18–26 ottobre, Fortezza da Basso). Un’esperienza immersiva che accende l’universo del regista con un percorso di oltre cinquanta opere, tra disegni, installazioni e creature visionarie. Tra luce e ombra, malinconia e ironia, l’esposizione conferma come la poetica duale di Burton — la stessa che attraversa la serie — continui a riscrivere i codici del sublime contemporaneo.

Un’estetica goth fuori dal tempo

La fotografia di Mercoledì è unica. La riconosciamo al primo colpo, come la formula della Coca Cola. È il marchio timburtoniano. Lontana dal mostrarsi come il classico teen drama con azzurri pennellati, imperativi greenery e volti da Teen Vogue, questa serie è un satellite immaginifico della Addams Family, che si identifica immediatamente per la scelta dei colori “di sottrazione”, svuotati dalla saturazione e dalla grinta, in favore del parossismo della penombra.

2. Courtesy Netflix

Nell’epoca in cui il Pantone Color Institute detta il ritmo estetico delle stagioni – dal “Peach Fuzz” che domina i feed al ritorno ciclico dei Millennial Pink – Mercoledì va oltre l’agenda cromatica e ne propone una nuova. Non poteva essere diversamente; da uno spin-off sulla Famiglia Addams nessuno si sarebbe aspettato palette rassicuranti o a nuance da trend forecast. Il mondo di Mercoledì è decisamente diverso, è scolpito in bianco e nero (e viola), con una protagonista immune alle seduzioni dell’algoritmo visivo. È proprio questa sottrazione, questo rifiuto delle cromie stagionali, a renderla ancora più potente: un’icona fuori tempo.

La fotografia alterna luce naturale e artificiale: se gli esterni restituiscono cieli lattiginosi, quasi mai limpidi, è perché intorno a Mercoledì aleggia una sorta di “nuvola permanente” che attenua ogni brillantezza. Gli interni, invece, si nutrono di fonti luminose nascoste e direzionali, che scolpiscono corridoi e volti.

3. Courtesy Netflix
Anche il lavoro sul grading di Company 3, la società di post-produzione e color correction che si è occupata di Mercoledì, accentua ancora di più l’effetto contrasto: alcuni colori vengono isolati e saturati fino a sembrare incisioni. È il caso del rosso vellutato dei sedili della limousine Addams o delle foglie autunnali di Jericho, che risaltano come tagli cromatici dentro un tableau altrimenti dominato da coni bui e tinte smorzate. Ogni dettaglio coloristico è il colpo di pennello che intensifica il bianco e nero della ragazza.

Bianco e nero vs colore: Mercoledì tra due universi

Dentro le mura gotiche di Nevermore la fotografia assume una struttura multi-layer, tra la densità delle ombre, tagli netti, chiaroscuri che scolpiscono i volti come se fossero statue di cera. Il direttore della fotografia dei primi quattro episodi, David Lanzenberg, come riporta ARRI, ha scelto proprio gli Orbiter di ARRI per creare tagli di luna fredda che entrano dalla finestra della stanza di Mercoledì. Un chiarore che trasforma l’ambiente in un acquario chirurgico. In altre scene, gli SkyPanel nascosti sotto botole o dietro pareti simulano fiamme inesistenti, un fuoco artificiale che guida gli attori a muoversi verso la luce più intensa, generando una coreografia visiva naturale.
4. Courtesy Netflix

L’impatto si completa con il lavoro del Senior colorist Siggy Ferstl, che ha contribuito a creare una LUT (look-up table) personalizzata che dà a Mercoledì una pelle di porcellana, rafforzando l’idea di outsider visivo. Accanto al dualismo del bianco e nero, ricorre anche il viola, colore spesso associato a Nevermore e utilizzato come accento cromatico in scenografie e dettagli. Non come concessione alla vivacità ma come rimbalzo sul mistero.

Al contrario, la cittadina di Jericho travolge con cromie sature, quasi artificiose: ogni insegna o foglia autunnale risulta troppo brillante. Qualcuno su Reddit sostiene addirittura sia lo stesso set (riadattato) di Stars Hollow di Una mamma per amica. Ma è proprio in questo dialogo tra ombra e abbagli che la serie trova la sua cifra visiva: la Mercoledì di Jenna Ortega, con il suo guardaroba monocromatico e lo sguardo glaciale, appare sempre come un corpo estraneo, una figurina che porta la notte anche nei giorni più colorati. Nel “Wednesdayverse” la luce, oltre a essere un dettaglio tecnico, diventa ambiente, forza vitale e allo stesso tempo fonte di conflitto per la protagonista.

Il moodboard goth di Tim Burton: la malinconia è bellezza pop

L’estetica goth di Tim Burton in Mercoledì è una costellazione familiare: i giardini scolpiti di Edward Mani di Forbice, le ombre infantili e poetiche di Vincent, l’incanto macabro di Nightmare Before Christmas sono le (im)percettibili easter eggs nella serie di Netflix. Figure esili, silhouette allungate, occhi sproporzionati che brillano nell’oscurità: ogni dettaglio diventa segno di un linguaggio visivo che mette in scena la fragilità come forza magnetica.

In Mercoledì questi stilemi ritornano con forza: i corridoi di Nevermore scolpiti dalla penombra, i primi piani di Jenna Ortega illuminati come ritratti pittorici, i flashback in bianco e nero che richiamano i primi esperimenti d’autore. La fotografia rende la serie un marchio sofisticato.

Il flashback in bianco e nero e il rimando a Vincent

Con la seconda stagione di Mercoledì, si torna alle origini di Tim Burton con un flashback in stop-motion in bianco e nero, che ricorda il corto Vincent, nonché i primi esercizi di malinconia animata: un cuore meccanico che batte e si spezza, un piccolo genio che si autodistrugge, come se l’estetica stessa fosse destinata al martirio.

5. Courtesy Netflix

È in questi momenti che emerge la lezione burtoniana, centrale anche nella mostra a Firenze dedicata al regista: la malinconia, lungi dall’essere peso o difetto, diventa materiale estetico, pop icon, passepartout universale. Burton ha sempre trasformato l’oscurità in design, e di conseguenza l’outsider in “influencer”.

Anche Mercoledì è il segno dell’alchimista che prende i margini e li mette al centro, scegliendo le ombre come strumento raffinato per restituire bellezza alla fragilità.

Mercoledì è un’ombra che illumina: non cerca di adeguarsi al bagliore del mondo, ma lo ripopola con la propria oscurità. È così che la ragazza diversa diventa icona: una figura che rischiara il contemporaneo non con i riflessi dell’apparenza, ma con la potenza silenziosa del buio.

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