Foto Raffaele Vincelli, Rino Malgrande, Francesca Storaro
Tra i paesaggi incontaminati dell’altopiano aquilano, incastonato tra il massiccio del Gran Sasso e il Parco naturale Sirente-Velino, sorge il sito archeologico dell’antica città romana di Peltuinum. Fondata nel I secolo a.C. sul territorio già abitato dai Vestini, la città occupava una posizione strategica lungo i tratturi della transumanza, crocevia di commerci e scambi culturali. La sua configurazione urbana – con le mura di cinta, il tempio e il teatro – rifletteva vitalità e centralità, finché un violento terremoto nel V secolo ne decretò il progressivo abbandono. Oggi, ciò che resta delle possenti mura e del sepolcro monumentale custodisce ancora la memoria di una civiltà che dialogava con il paesaggio e ne traeva identità.

È in questo scenario di rara suggestione che l’architetto e lighting designer Francesca Storaro ha sviluppato un progetto di illuminazione capace di coniugare rigore tecnico e sensibilità interpretativa, realizzato grazie all’iniziativa del Comune di Prata d’Ansidonia e al sostegno del sindaco Paolo Eusani. Il nuovo impianto non solo restituisce leggibilità ai manufatti archeologici, ma li reinserisce in un racconto visivo che traduce il tema originario della transumanza in un viaggio di luce.
Il concept di questo progetto prende avvio dalla transumanza. Come è nata questa intuizione?
«La transumanza rappresenta l’essenza stessa di Peltuinum: la città nasce come nodo di passaggio e di scambio lungo i tratturi. Ho voluto tradurre questo concetto di “attraversamento” in un percorso luminoso. La luce diventa metafora del viaggio: partendo dalle tonalità calde e solari del giorno estivo, si attraversano gradualmente tonalità intermedie fino alle fredde e celesti della notte invernale, evocando il Sole e la Luna. Questo passaggio progressivo di temperatura colore riproduce un ciclo completo dal giorno alla notte, dall’estate all’inverno, dando vita a una vera “transumanza della luce”. Oltre al valore simbolico, la luce valorizza le caratteristiche materiche dei manufatti, mettendo in risalto texture, spessori e dettagli architettonici. Diventa così uno strumento narrativo, capace di trasformare la visita notturna in un’esperienza immersiva, in cui storia e paesaggio dialogano con il linguaggio contemporaneo della luce».

Quali soluzioni tecniche hanno reso possibile questa narrazione?
«Per realizzare questo progetto, abbiamo utilizzato 73 proiettori tunable white Capital 100 di Griven con regolazione personalizzata da 2200K a 6500K, per consentire la più ampia fluttuazione della luce bianca da intense tonalità ambrate a delicate sfumature cerulee. La scelta delle ottiche è stata fondamentale: i proiettori sono stati dotati di ottiche standard extra larghe di 61° o, in alternativa, in base alle diverse aree da illuminare, di ottiche custom 25°x60°. Tutti i corpi illuminanti sono provvisti di snoot e filtri anti-abbagliamento a nido d’ape, oltre ad essere inseriti in custodie metalliche a garanzia della massima sicurezza per i visitatori e a protezione dell’integrità dei prodotti. Il sistema è gestito da un controllo DALI DT8, che permette di programmare scenari fissi o dinamici, modulando sia intensità sia temperatura e colore. La distribuzione della luce è stata studiata per rispettare l’integrità storica e paesaggistica, evitando interferenze con l’ambiente circostante e garantendo un’esperienza visiva coerente ed emozionale».

Come si bilancia l’illuminazione architettonica con quella interpretativa in un contesto archeologico così delicato?
«Ho pensato a una doppia modalità. L’illuminazione architettonica (3500K) evidenzia materiali, proporzioni e morfologia della cinta muraria in modo neutro, rispettando la storicità del sito. L’illuminazione interpretativa per eventi, invece, utilizza scenari dinamici che modulano temperatura colore e intensità per raccontare il passaggio dal Sole (2200k) alla Luna (6500k). Questa alternanza valorizza la tridimensionalità delle mura e crea profondità, consentendo di guidare lo sguardo del visitatore lungo percorsi emozionali. Il sistema di gestione DALI DT8 di Helvar assicura fluidità nella transizione tra scenari, permettendo di adattare l’esperienza luminosa a visite guidate, eventi o alla libera fruizione del sito».

Che ruolo attribuisce alla luce nella valorizzazione del patrimonio culturale?
«La luce, progettata con rigore tecnico e sensibilità artistica, diventa un autentico strumento narrativo. A Peltuinum non si limita a rendere visibile la cinta muraria e il Sepolcro Monumentale, ma li trasforma in un’esperienza immersiva e poetica. La sua dinamicità valorizza lo spazio monumentale e ne facilita la comprensione, offrendo una nuova percezione del patrimonio e coinvolgendo comunità e visitatori in un dialogo profondo con storia e paesaggio circostante».