Cover Photo: Mifune, 1999 – Distributed by Scanbox Entertainment
Erano gli anni ‘90 in Danimarca. Forse in pochi se lo ricordano ma all’epoca due Amleto visionari, un Boomer e un Generazione X, portarono avanti una rivoluzione di luce nel cinema e nel linguaggio. In soli 45 minuti, i registi danesi Lars von Trier e Thomas Vinterberg stilarono il manifesto del movimento Dogma 95, che chiamarono anche “Voto di castità”. L’idea di Dogma 95 era (ri)fondare un cinema naturale, senza effetti speciali, visivi e sonori, senza tecnologie, senza racconti surreali e senza luce artificiale. Un cinema forse irraggiungibile, più rigoroso del Neorealismo, o della Nouvelle Vague, corrente in cui in parte si ispirarono, in particolare al saggio di Truffaut Une certaine tendance du cinéma français.
L’intento di Dogma 95 era quello di tornare a un racconto primitivo, far emergere una verità viscerale. Tra le regole c’era anche l’obbligo per i filmaker di ricorrere solo alla luce naturale, cosa che sfidava lo spirito di adattamento alle variazioni meteorologiche e climatiche ma insisteva anche su un’estetica grezza, immediata, che al colpo d’occhio riportava lo spettatore dentro la propria realtà: non patinata, non illuminata, tutt’altro che glam. Dogma 95, più che una rivoluzione, fu un’antirivoluzione. Un ritorno al brodo primordiale, alla banalità del reale sbattuta senza troppi confezionamenti sugli schermi, che sono sempre stati gli specchi delle nostre imperfezioni.
Idioti – il primo film Dogma 95 di Lars von Trier e la luce amatoriale
Idioti (Idioterne) è classificato come Dogma 1, ovvero il primo film a essere realizzato secondo le regole Dogma. La trama è folle e provocatoria, parla di un gruppo di giovani che simula un ritardo mentale per giocare con i confini sociali e provocare stupore e straniamento nelle altre persone. C’è chi ha definito Dogma un prodromo del porno amatoriale proprio per la scelta di una luce cruda, che non viene messa in forma né dosata, ma distillata dal mondo reale. Proprio come avviene nei film amatoriali vietati ai minori, questa componente può definirsi un plus valore, perché riporta le sensazioni sul piano del veritiero.

Ecco, guardare Idioti ha più o meno lo stesso effetto. Sembra un incrocio tra uno di questi film hard e un RVM delle telecamere di un Autogrill o di un edificio privato. Le immagini sono ruvide, emerge una negliglenza ostentata in termini di colore, composizione e contenuti. La luce non è quella sognante dei film, ma reale. Banale, e anche un po’ squallida.
Nel saggio Spastic Aesthetics – The Idiots Ove Christensen parla di questa “estetica spastica”, lessico voluto che rimanda al nocciolo del film. Per Christensen l’estetica spastica può addirittura rientrare negli esperimenti dell’arte astratta, per riscrivere il rapporto e la distanza tra autore e spettatore. Lo stile del film imita le riprese fatte a casa con una videocamera di medio livello comprata a rate. Il concetto politicamente scorretto di spassing – tutti abbiamo un idiota interiore che preme per uscire – è raccontato da Lars von Trier senza troppa drammaturgia, con la luce prosaica da vita di tutti i giorni che provoca un impatto allo stesso tempo familiare e alienante. Siamo noi, ma mai vorremmo essere noi. Quando pensiamo alla nostra vita, la immaginiamo illuminata da faretti abbaglianti e fill light rassicuranti.

Festen – Festa in famiglia, il secondo film Dogma e la luce della verità
Festen, Dogma 2, è diretto da Thomas Vinterberg e ha vinto il Premio della Giuria al 51° Festival di Cannes. Come anticipa il titolo, si parla di una classica domenica in famiglia, una di quelle che tutti potremmo vivere. Una celebrazione del sessantesimo compleanno del patriarca del clan Klingenfeldt, Helge, diventa l’occasione per scoperchiare con ferocia un vaso di Pandora che sedimentava da anni. Al momento del brindisi e del discorso, il primogenito Christian rivela che il festeggiato, suo padre, quando erano bambini, ha abusato di lui e della sorella, morta per suicidio poco tempo prima. Una rivelazione che scatena il caos.

L’illuminazione naturale in Festen è strutturata nella luce esterna, grigina, di una giornata in Danimarca con il sole che filtra occasionalmente dal tetto di nubi, e la luce Lo-Fi degli interni, che sembra un filtro Instagram studiato per dare un effetto di realismo, al punto che noi spettatori ci sentiamo come se fossimo dei commensali. Come se fossimo lì, tra i candelabri sulla tavola apparecchiata, ad ascoltare un racconto atroce e a trovarci, per convenzioni sociali, a fare finta di niente, mentre incombe un’atmosfera oscura e grottesca.

Con la scelta precisa di non mettere in forma o manipolare la fotografia, Festen sfrutta comunque il contrasto luce/ombra, ovvero giorno/notte, per impossessarsi di un simbolismo sulla doppia verità della famiglia: la facciata borghese e i segreti del buio. L’illuminazione morbida e oscillante delle candele porta alla luce questo tremolio tra pubblico e privato nel momento in cui si sta sgretolando.

Mifune – il terzo film Dogma 95, la luce verista della campagna
Mifune, il terzo film Dogma diretto da Søren Kragh-Jacobsen, racconta la storia di un uomo appena sposato, Kresten, che dalla città torna al paese di origine dopo la morte del padre. Qui troverà una serie di situazioni complicate (ma molto realistiche), compresa la gestione del fratello, affetto da problemi mentali. Il ritorno a una realtà più viscerale, autentica, senza sovrastrutture, è un elemento metacinematografico che rispecchia il manifesto Dogma.

La luce in Mifune è una luce rurale, quella di una campagna scaldata da un sole pallido, quando riesce a filtrare attraverso le nuvole. Questa impressione verista si alterna alle scene in penombra degli interni, a seconda dell’articolazione degli spazi, degli angoli, dei coni bui e della loro distanza dalle finestre.

Idioti, Festen e Mifune, primi capitoli di una breve corrente artistica, rappresentano non solo un’esplorazione dell’umanità e delle sue imperfezioni ma anche una sfida radicale alle convenzioni cinematografiche attraverso l’uso restrittivo della luce naturale. L’impegno dei registi di Dogma 95 a utilizzare luce non manipolata rafforza la loro ricerca di autenticità, plasmando film che non solo raccontano storie ma invitano gli spettatori a percepire il cinema come un’esperienza più diretta e onesta. In un’era di effetti speciali e intelligenze artificiali, il Dogma 95 ci ricorda il potere del cinema di riflettere la realtà in modo grezzo ma anche profondamente emotivo.