Intervista a Christopher Bauder: la luce come esperienza immersiva

Pioniere dell’arte immersiva, Christopher Bauder ci conduce in mondi paralleli dove luce, suono e movimento ridefiniscono la percezione dello spazio. Dalla cultura techno degli anni ’90, di cui è figlio, alla creazione di Dark Matter a Berlino, il suo lavoro fonde arte, tecnologia e impresa come in una trilogia creativa in continua evoluzione. Con i suoi show, Bauder oltrepassa i confini dell’audiovisivo per generare vere e proprie epifanie mentali.

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Highlights

Foto Olivier Rimbon Foeller

Ci sono artisti che dipingono con pennelli, altri con la luce e Christopher Bauder  appartiene senza dubbio alla seconda categoria. Fondatore dello studio interdisciplinare WHITEvoid, creatore dell’ecosistema tecnologico KINETIC LIGHTS e ideatore di Dark Matter, il museo permanente dedicato alla light e media art, nascosto tra gli spazi industriali di Lichtenberg, a Berlino, Bauder ha trasformato il concetto stesso di installazione. In questa intervista ci guida all’interno del suo universo creativo, dove un linguaggio progettuale fortemente identitario riscrive l’esperienza dello spazio attraverso luce, suono e tecnologia.

 

Nel tuo lavoro, la luce non è mai solo illuminazione, ma un materiale vivo che si muove nello spazio. Come prende vita per te la “forma della luce”? È un’intuizione estetica, un progetto di ingegneria o qualcosa di più vicino all’emozione?

«Le mie installazioni devono essere, prima di tutto, esperienze emozionali. L’obiettivo è trasformare lo stato d’animo dello spettatore, pur considerando la forte componente tecnologica — che cerco di rendere il più invisibile possibile. Le persone non dovrebbero pensare alla complessità tecnica; voglio che si lascino trasportare dall’esperienza sensoriale, percependo l’effetto combinato di luce, suono e movimento, senza preoccuparsi di come tutto sia stato costruito. Dietro le quinte, lavorano con me circa 50 persone, ma quando si entra nello spazio espositivo, tutto deve sembrare magico, sospeso».

1. AXION, a temporary large-scale light installation for a desert place. Noor Riyadh Light Art Festival / Riyadh, Saudi Arabia. Foto Ralph Larmann

Quando inizi un progetto, da dove parti? Dal luogo, dall’idea, dalla tecnologia?

«Di solito parto da tre elementi che si intrecciano tra loro: lo spazio – ovvero l’ambiente in cui l’opera sarà ospitata; la storia o l’emozione — cosa voglio raccontare; e la tecnologia — che scelgo o progetto in base a ciò che voglio evocare. Ma non parto mai dalla tecnologia, prima viene l’intenzione, poi trovo, o creo, gli strumenti giusti per realizzarla».

 

Da dove arrivano le tue idee? Cosa ti ispira?

«Le mie ispirazioni sono molteplici e diverse: la natura, i film di fantascienza, i libri futuristici… ma anche la cultura dei club. Sono cresciuto nella scena techno degli anni ’90, e i club sono mondi paralleli con regole proprie. Mi affascina come luce, suono e ritmo possano modificare il comportamento delle persone. Cerco di portare quella dimensione alternativa, quella trasformazione sensoriale, nelle mie installazioni artistiche».

 

Ti muovi tra arte, ingegneria e impresa. Come convivono queste anime?

«Sono coinvolto in tre realtà: la mia agenzia creativa, che realizza progetti anche per grandi brand; KINETIC LIGHTS, l’azienda che produce le tecnologie, come i sistemi di luce cinetica; e, ovviamente, la mia produzione artistica personale. Tutte queste dimensioni si influenzano a vicenda. Un progetto artistico può generare una tecnologia che poi viene applicata in ambito commerciale, o viceversa. Mi definisco prima di tutto un artista, ma in realtà passo molto più tempo a fare l’ingegnere, il manager, il progettista. Tuttavia, anche quando lavoro per brand come Mercedes o Coca-Cola, il mio approccio resta sempre artistico. Per me tutto è arte, solo applicata in contesti diversi».

2. Dark Matter Inverse, Foto Ralph Larmann

Si parla sempre di luce, ma concentriamoci sull’oscurità come polo opposto ma complementare. Che ruolo ha nel tuo lavoro, specialmente nello spazio espositivo DARK MATTER?

«Per me l’oscurità — o meglio, l’assenza di luce — è la cornice della mia arte. Come una pittura ha una cornice che la separa dal mondo esterno, l’oscurità delimita lo spazio della mia opera. Entrando in una mia installazione, si viene separati dalla quotidianità: magari fuori c’è il sole, ma varcata la soglia, il buio trasporta in un altro mondo. Detto questo, non amo gli ambienti completamente neri e anonimi, preferisco luoghi con carattere: spazi industriali, con una storia, e architetture vissute».

 

Quanto è importante per te la sperimentazione?

«In realtà non sperimento molto nelle fasi iniziali del processo creativo. L’idea nasce e matura nella mia testa: prendo appunti, disegno storyboard, ed è come vedere uno spettacolo già allestito. Quando passo alla realizzazione, ho già una visione molto chiara. La sperimentazione vera arriva quando iniziamo a costruire lo show e ci confrontiamo con la realtà fisica del progetto: qualcosa può non funzionare come previsto, oppure emergono soluzioni migliori nel corso della realizzazione. Un altro tipo di sperimentazione nasce quando sviluppiamo nuovi strumenti — come motori per muovere la luce o configurazioni sonore inedite. È un po’ come imparare a suonare uno strumento nuovo».

3. SKALAR_Reflections on Light & Sound. Created by Christopher Bauder in collaboration with musician and composer Kangding Ray. Foto by Ralph Larmann

Il suono è un elemento fondamentale delle tue opere. Come funziona la collaborazione con i musicisti?

«È un processo parallelo e sinergico, in cui musica e immagini nascono insieme. Mi piace collaborare con musicisti che abbiano un senso visivo e che comprendano di star creando un’opera audiovisiva, non un album. È un dialogo continuo e la musica deve essere “aperta” da lasciare spazio ai visual, e viceversa. È come giocare a ping pong tra suono e immagine: due linguaggi che costruiscono insieme il significato. Lavoro spesso con artisti come Robert Henke e Kangding Ray, che hanno un forte senso della spazialità sonora e con cui posso creare esperienze immersive a 360°, in cui il pubblico non è davanti allo show, ma dentro lo show».

4. Vektor, foto Ralph Larman

C’è stato un momento in cui la collaborazione tra luce, suono e tecnologia ha trasformato radicalmente un’opera rispetto a come l’avevi immaginata all’inizio?

«Sì, assolutamente. Penso alle tre opere che ho realizzato con Robert Henke. Atom, la mia prima vera performance audiovisiva su larga scala, in cui ho imparato a progettare in uno spazio ampio e complesso. Nei progetti successivi, come Grid e Deep Web, abbiamo raggiunto un livello sempre più profondo di ispirazione reciproca e di interazione tra suono e luce. L’obiettivo non era semplicemente mostrare la tecnologia, ma evocare stati emotivi intensi. In un altro progetto, Skalar, ho curato anche la parte musicale iniziale, componendo personalmente alcuni passaggi».

5. DEEP WEB audiovisual kinetic installation and performance by Christopher Bauder and Robert Henke (Music). Foto by Ralph Larmann

Cosa speri che il pubblico provi o porti con sé dopo aver partecipato a un tuo show?
«
Non mi interessa solo creare esperienze piacevoli. Voglio portare il pubblico su una montagna russa emotiva: a volte lo metto a disagio, lo spingo verso emozioni cupe o intense, ma poi lo riporto alla luce — verso la meraviglia, la bellezza. L’arte, per me, è un invito ad aprire la mente, a guardare oltre i propri limiti, a immaginare nuove possibilità. Spero che chi entra in un mio show ne esca trasformato, e cerco di creare uno spazio in cui, anche solo per un attimo, sia possibile disconnettersi dalla realtà e riconnettersi con sé stessi».

Hai un progetto da raccontare?

Atmosfera è uno spazio aperto al dialogo. Se la luce è parte fondamentale della tua ricerca o di un tuo progetto specifico, siamo pronti ad ascoltarti. Selezioniamo progetti illuminotecnici, installazioni artistiche, progetti fotografici e storie capaci di esplorare il potenziale narrativo della luce.

Proponi il tuo portfolio o raccontaci un progetto a cui tieni.
Potrebbe diventare parte della nostra programmazione editoriale o dare il via a una collaborazione.

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