Danilo De Rossi: luce e vetro di murano in dialogo | Atmosfera Mag

Il suo approccio al progetto mira alla riduzione, al togliere, ed è volto alla ricerca di un design inteso come “creatore di atmosfera”. Maestranza artigiana e sapienza tecnica insieme, fuse in un percorso evolutivo che va preservato e curato nei minimi dettagli.

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Cover: Piola, Italamp, 2023 – photo © Photo Design Studio, courtesy ITALAMP

Nato a Mestre, Danilo De Rossi si laurea in Architettura nel 1979 allo IUAV di Venezia per qualificarsi poi al Politecnico di Milano come designer specializzato in illuminotecnica. Dal 1973 inizia la formazione professionale nello studio di architettura di Roberto Pamio e Renato Toso, dove sviluppa competenze di progettazione e design.

Un decennio dopo apre il proprio studio a Venezia, impegnandosi nello sviluppo di un ricchissimo ventaglio di oggetti e lampade in vetro soffiato, avviando anche importanti direzioni artistiche.

1. Danilo De Rossi

La sua vita professionale e artistica è da sempre volta al design e, data la vicinanza col mondo del vetro muranese, molto legata a questo tipo di progettazione. Cosa vuol dire essere designer nel territorio lagunare?

«Significa prima di tutto conoscere bene la materia, perché lavorare il vetro è ovviamente “meno semplice” che il metallo e le materie plastiche. Con il vetro si possono ottenere risultati sorprendenti dal punto di vista decorativo, sapendo gestire il progetto con i suoi limiti e vantaggi. Subentrano poi tutte le problematiche della fattibilità che è di natura umana ed esperienziale, con le proprie regole che considerano le variabili delle forme, di pesi e volumi, dei colori, dei decori, dei costi delle varie tecniche». 

2. Muna, Italamp, 2023 - photo © Photo Design Studio, courtesy ITALAMP

La sua matrice operativa è però anche rivolta all’industrializzazione…

«Nell’illuminazione moderna il vetro si è evoluto molto. Anche se è considerato materia artigianale, le forme si sono semplificate e razionalizzate, sono subentrati gli stampi e le tecniche di progettazione e lavorazione seguono le regole della produzione seriale. Le parti strutturali sono anch’esse molto importanti perché devono accogliere e sostenere una materia delicata con accortezze e tolleranze particolari. Nonostante tutto non bisogna mai perdere di vista che è un percorso evolutivo che, a conoscerlo bene, può presentare continui margini di miglioramento – sia per le forme sia per le tecniche di lavorazione – e con cui si possono avere delle autentiche sorprese».

3. Kon, Biffi Luce, 2024

Oltre a progettare, è stato art director per de Majo Murano, Leucos e Italamp, tutte realtà molto consolidate e identitarie dell’illuminazione. Che esperienze sono state, quali affinità tra le parti?

«Queste tre aziende hanno molte affinità perché sono tutte nell’ambito dell’illuminazione decorativa, talvolta con filosofie lievemente diverse dovute alla propria cultura d’origine, ma molto simili. Sono strutture aziendali tipiche degli anni ‘60/’80, con una forte presenza dei fondatori che hanno tracciato la personalità dell’azienda, sia all’interno che all’esterno, e ancora oggi rappresentano lo stile e il design italiano del settore illuminazione a livello internazionale. Per me sono state esperienze significative e formative; ho avuto la fortuna di vedere la crescita di ognuna, di imparare una mentalità aziendale che è una forma mentis che guida anche a livello personale e forma una coscienza adatta al ruolo. Ma la più grande gratificazione è stata collaborare con talentuosi e famosi designer, tessendo un rapporto di collaborazione altamente professionale e una significativa stima reciproca che tutt’oggi ci lega».

4. Pulsa Spira, Italamp, 2021 - photo © Studio Quasar, courtesy ITALAMP

Cosa vuol dire saper guidare artisticamente un’azienda che produce sia oggetti artigianali – unici – che seriali? I mercati di riferimento sono inevitabilmente diversi, per fattori economici ma anche di cultura. 

«È un’operazione delicata perché significa comprendere la mentalità dell’azienda e saperla accompagnare in maniera fisiologica verso un obiettivo e una crescita senza creare squilibri. È un lavoro lento ma forte di una coerenza stilistica e di una precisa volontà di raggiungere gli intenti con fiducia. Non sono numeri, non è un’operazione commerciale, è una rotta identitaria e stilistica che va tracciata con la collaborazione di tutti, esterni e interni, sempre con le mani sul timone anche per le più piccole correzioni».

5. Munetta, Italamp, finitura oro, photo courtesy ITALAMP

Cosa serve, per farlo bene?

«Bisogna essere competenti nel design, visionari negli obiettivi, rispettosi e abili nelle relazioni. La collaborazione commerciale è fondamentale per individuare le strategie, soprattutto sapendo che si opera nel mare magnum dove altri fanno il tuo stesso lavoro, perciò identità stilistica e prezzo sono due obiettivi imprescindibili per lo sviluppo del brand».

6. Charta, 9010, 2023

Quando un designer può sentirsi soddisfatto dal proprio lavoro? 

«Credo ci sia un momento nella vita del designer in cui riconosce sé stesso in ciò che fa. Una sorta di consapevolezza del proprio stile, del proprio modo di fare, e questo senso di fiducia è una grande conquista. È un punto di osservazione di tutto ciò che si è fatto e un senso di serenità per ciò che si deve ancora fare».

7. Glò, Leucos, 2002 - photo © Studio Fuoco

Qual è un consiglio che non manca di dare a chi s’interessa di luce?

«La luce è vita e quella che creiamo artificialmente ne occupa quasi la metà. Perciò è importante conoscerla per creare degli oggetti che occupino il nostro spazio dandoci piacere, sia dal punto di vista estetico che funzionale. Il buio dobbiamo arredarlo con cose della cui compagnia non potremmo fare a meno, in tutti i sensi. Perciò dare sempre al nostro design il senso di “creatore di atmosfera”».

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